Il bambino ansioso e l’ansia infantile
Spesso veniamo a conoscenza che molti adulti hanno disturbi legati all’ansia, in particolare abbiamo sentito parlare spesso del disturbo d’ansia generalizzata, degli attacchi di panico, della fobia per le altezze, dell’ipocondria e di altre forme d’ansia specifiche. Proprio come per l’adulto, anche il bambino può soffrire delle stesse forme d’ansia dell’età adulta, con l’unica differenza, che nell’infanzia si riscontra spesso l’ansia di separazione.
Disturbo d’ansia nei bambini
I disturbi d’ansia colpiscono anche i più giovani, tra cui adolescenti e bambini nell’età infantile. Il bambino può manifestare delle reazioni o dei comportamenti che indicano proprio la presenza di un disturbo d’ansia, il quale viene esperito da un’eccessiva agitazione o da una tendenza a piangere, senza un motivo evidente e giustificabile. E’ importante che il genitore non sottovaluti i comportamenti del bambino, se osserva che “qualcosa” non si evolve o non va per il verso giusto.
Mettendo in atto un’osservazione approfondita sui comportamenti e sulle reazioni del proprio bambino, si può avere una visione più chiara del problema, in particolare il bambino ansioso può avere una persistenza nell’ essere:
- Perennemente preoccupato
- Facilmente spaventabile
- Costantemente in guardia o iperattivo
- Nervoso e irritabile
- Di cattivo umore con la tendenza al pianto
- Lamentoso
- Disorientato
Il genitore deve quindi mettere in atto un’osservazione senza aumentare o indurre altre tensioni o paure nel bambino, cercando di discriminare e individuare i momenti in cui i comportamenti ansiogeni hanno una maggiore intensità, riguardo a cosa, osservando anche la durata e la costanza dell’episodio.
Inoltre è importante mettere in atto un’auto-osservazione sul proprio comportamento genitoriale, nell’ambiente famigliare, sulle dinamiche messe in atto nel contesto in cui il bambino vive, sulla possibile trasmissione dell’ansia dal genitore al figlio.
Molto spesso è proprio il comportamento del genitore o di chi si prende cura, che inconsapevolmente causa e nutre l’ansia nel bambino, per questo i professionisti del settore preferiscono sostituire alla definizione “bambino ansioso” con “famiglia ansiosa”.
Comportamenti iperprotettivi, permissivi o che in linea generale non consentono al bambino di cavarsela da solo, sostituendosi alle sue capacità, limitano e bloccano lo sviluppo dello stesso, lasciando poco spazio allo sviluppo dell’autonomia e alla conquista, passo dopo passo, di abilità sociali e cognitive.
<Se a un bambino si risolve ogni sfida o ogni difficoltà che incontra nella sua evoluzione,
si limita la stessa, offrendo solo il risultato ma impedendo l’interiorizzazione
e il potenziamento delle azioni e delle competenze per raggiungerlo>
Il ruolo del genitore con il bambino ansioso
Il genitore deve essere un sostegno, diventare metaforicamente un’impalcatura che consente al bambino di costruire il suo palazzo interiore. E’ fondamentale non solo osservare l’ansia del bambino ma anche le dinamiche messe in atto, la presenza di un’ansia genitoriale che non si riesce a riconoscere, ma che viene trasmessa al proprio figlio.
La presenza di ansia e di paure, se non sono invalidanti, ossia caratterizzate da un’intensità cosi forte che il bambino vive perennemente in uno stato di terrore, fanno parte del normale processo evolutivo e la loro manifestazione non è ricollegabile a qualcosa di patologico.
Le ansie e le paure dei bambini
Durante la prima infanzia (da 0 a 2 anni) il bambino può manifestare paura e ansia per forti stimoli sensoriali (tuoni, musica ad alto volume, ecc.), nei confronti di persone che non conosce o che non ha mai visto prima o nei confronti di situazioni che non gli sono famigliari.
Intorno ai due anni, il bambino ha sviluppato e potenziato competenze sociali ma può manifestare ansia se vede animali domestici di grossa taglia.
Successivamente, intorno ai quattro anni può manifestare paure legate al buio o alla penombra. Le paure possono avere diverse sfaccettature e possono essere indipendenti tra di loro, ma non hanno nessuna valenza patologica se non persistono nel tempo, se hanno bassa intensità e se non sono frequenti. In tal caso le paure fanno parte del normale sviluppo evolutivo del bambino in concomitanza all’ esplorazione dell’ambiente circostante.
Come aiutare il bambino a superare l’ansia e le paure
Pensiamo per un attimo a noi stessi, quando siamo chiamati a svolgere per la prima volta un compito importante, quando dobbiamo dimostrare la nostra competenza lavorativa, quando, per la prima volta facciamo qualcosa che per noi ha un significato di notevole importanza. Come ci sentiamo?
Tipicamente, ogni persona che è chiamata a fare qualcosa di nuovo e d’importante per se stessa, manifesta ansia e timore, proprio perché è la prima volta, e proprio perché tale esperienza è importante. Lo stesso avviene nel bambino quando affronta esperienze inaudite del suo sviluppo, e proprio come nell’ adulto, affrontandole le supera.
Un adulto che non affronta le proprie paure ma mette in atto l’evitamento delle stesse, costruisce giorno dopo giorno il suo disturbo d’ansia e ha bisogno di un terapeuta per mettere in atto comportamenti di contro-evitamento e di lavorare sui pensieri legati alla sua auto-efficienza e autostima.
Come l’adulto ansioso ha bisogno di un sostegno, anche il bambino necessità del sostegno, in questo caso genitoriale o specialistico. Come abbiamo velocemente descritto, ogni bambino nei primi anni di vita sperimenta delle paure che vengono poi superate con il tempo attraverso l’incoraggiamento e con il rinforzo positivo.
Per aiutare il bambino a superare la sua ansia non servirà mettere in atto ragionamenti logici (questo non è efficiente neanche con l’adulto), né tanto meno attraverso regole autoritarie o tramite imposizioni comportamentali, sarà sufficiente confermare e rinforzare le abilità presenti e i successi ottenuti (anche se piccoli), consentendo al bambino di riconoscere e potenziare le sue abilità elementari con la vicinanza e il sostegno genitoriale.
Il linguaggio non verbale del bambino
Per aiutare un bambino a sconfiggere i suoi “fantasmi”, suggeriamo ai genitori di prestare molta attenzione non solo alle parole ma anche e soprattutto ai messaggi non verbali, comunicati attraverso i capricci, i gesti, i sintomi come l’insonnia, la pipi a letto (l’enuresi), gli scarabocchi e i disegni, i comportamenti aggressivi.
Il linguaggio non verbale è di grande aiuto per comprendere lo stato d’animo del proprio bambino, attraverso un’osservazione naturalistica, non intrusiva. Il ruolo del genitore può essere determinante se interpreta correttamente tutti i segni premonitori che il bambino esprime esplicitamente e implicitamente, durate le sue attività quotidiane.
L’evoluzione e lo sviluppo del bambino avviene necessariamente attraverso il superamento di ansie e paure, poiché il bambino è chiamato continuamente ad adattarsi alle nuove esigenze ambientali e a far fronte a “cose” nuove. Per superare le sue ansie e paure il bambino deve affrontarle da solo sentendosi protetto (non eccessivamente) e sostenuto dalle figure di accudimento, deve essere gratificato, quando conquista nuovi obiettivi e mai rimproverato per gli insuccessi. Il genitore deve evitare frasi che alimentano l’idea di non farcela (sei ormai grande, i tuoi compagni sono capaci, non si bravo), poiché nutrono la disistima e l’ansia nel bambino.
Solo quando l’ansia e le paure superano un certo livello occorre rivolgersi a un esperto.
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