Come aiutare un bambino vittima di bullismo
Che cos’è il bullismo? Quali sono le conseguenze psicologiche delle vittime ? Come si può intervenire per contrastare il bullismo? Come “curare” le vittime e i carnefici? Sono queste le maggiori domande che ruotano intorno al fenomeno del bullismo.
Nel periodo prescolare, in particolare tra i 6 e gli 11 anni, i bambini iniziando a distanziarsi dal rapporto genitoriale, ristrutturando il rapporto con essi e iniziando a identificarsi con il gruppo dei pari. In questa età è facile notare che il bambino inizia a far parte di un gruppo composto da bambini dello stesso sesso, con i quali condivide lo sport, lo studio, le attività ludiche e le prime esperienze di completa autonomia.
La condivisione, l’identificazione con il gruppo, il distacco famigliare, diventa determinante per strutturare la sua personalità. Il bambino inizia a sperimentarsi in un contesto non protetto, diverso da quello famigliare, nel quale deve conquistare le amicizie, le simpatie e affrontare le difficoltà che possono nascere proprio all’interno del gruppo amicale. Le personalità dei bambini in questa fase non sono ancora del tutto strutturate e questo molto spesso può far nascere il fenomeno del bullismo.
Che cos’è il bullismo?
Il bullismo è un fenomeno che si riscontra spesso nell’ambito scolastico, ma viene in realtà esteso in ogni contesto dove il ”bullo” cerca di prevaricare, in modo coercitivo e aggressivo il coetaneo “vittima”. In altre parole il bullo mette in atto in modo diretto e indiretto degli attacchi verbali (ridicolizzando un aspetto fisico, una difficoltà motoria o scolastica), attacchi fisici (spingendo, rubando la merenda, aggredendo), attacchi sociali (pettegolezzo, isolamento sociale, calunnie) con la finalità di sottomettere, colpire e ferire il bambino prescelto.
Le caratteristiche del bullismo a scuola
Lo psicologo Olweus studiò a lungo il fenomeno del bullismo e le sue caratteristiche, affermando: <uno studente è oggetto di azioni di bullismo, è prevaricato, vittimizzato, quando viene esposto frequentemente e nel tempo ad azioni deleterie e offensive, messe in atto da un gruppo di coetanei o da un singolo compagno>.
Secondo lo psicologo norvegese si parla di bullismo in particolare se è presente:
- l’intenzionalità, che implica la volontà deliberata di recare l’offesa;
- la sistematicità delle azioni di bullismo;
- l’asimmetria di potere, che indica le differenze fisiche e psicologiche tra vittima e bullo.
Il bullismo a scuola, come accennato e come spesso ascoltiamo in televisione, è un fenomeno molto diffuso con comportamenti violenti e aggressivi, che possono, superare la nostra immaginazione (basti ricordare al dodicenne seviziato e abusato sessualmente con il compressore per pneumatici). Siamo di fronte al fenomeno di bullismo a scuola se sono presenti delle azioni intenzionali in modo continuo da parte del bullo, con la finalità di provocare dei danni nei confronti di un particolare compagno.
A causa di una differenza fisica o psicologica, la vittima non riesce a reagire o a difendersi, diventando sempre più introverso, ansioso e trattenendo all’interno di se, tutto il disagio.
Il profilo del carnefice e della vittima di bullismo
Le vittime di bullismo sono generalmente bambini fisicamente ed emotivamente fragili, introversi e insicuri, con la tendenza a isolarsi dal gruppo, non riescono a integrarsi e diventano la vittima ideale per il “divertimento” del bullo. Come abbiamo accennato, questi bambini tendono a non manifestare il loro disagio, a non comunicarlo ai propri genitori, alle insegnanti, per vergogna o per paura di ulteriori ripercussioni.
Questo isolamento e questo dolore che non trova sostegno ed elaborazione, è vissuto come forma d’inferiorità, danneggia notevolmente l’autostima e lo sviluppo psicologico e può portare il bambino a mettere in atto comportamenti pericolosi o creare le basi per un futuro disturbo d’ansia, di personalità, dell’umore o di altro tipo.
A differenza della vittima, il bullo è generalmente un ragazzo dominante, aggressivo, impulsivo e grazie al suo comportamento autoritario, tende a essere il leader nel gruppo dei pari. Questi bambini oltre ad essere reattivi alle regole, favorevoli alla violenza e a esperienze al limite della legalità, sono scarsamente empatici, non riconoscono la sofferenza che provocano, non hanno sensi di colpa dopo o durante l’aggressione, anzi hanno la tendenza a vantarsi di tali azioni con gli altri compagni.
Grazie al carisma aggressivo e dominante, il bullo è sostenuto dai bulli passivi, che lo sostengono e lo incitano durante le aggressioni, approvando in modo diretto le sue azioni. La vittima di bullismo, come abbiamo accennato può sviluppare delle future psicopatologie come disturbi d’ansia, depressione, idealizzazione suicidiaria o diverse difficoltà di natura psicologica. Il bullo invece se persiste nel suo comportamento aggressivo e provocatorio, può sviluppare un disturbo di personalità antisociale e disturbi della condotta, che possono avvicinarlo alla delinquenza e alla violenza.
L’intervento educativo per contrastare e fermare il bullismo
Diventa importante intervenire sia sulla vittima, sia sul carnefice del bullismo, con interventi di prevenzione nelle scuole e con la promozione di abilità sociali tra ragazzi. Per prevenire e trattare il fenomeno del bullismo si utilizza in molti casi l’educazione socio-affettiva e la peer-education.
In particolare con l’educazione socio-affettiva, s’interviene educando il “bambino vittima” e il “bambino carnefice” del bullismo alla conoscenza di se e delle sue emozioni aggressive o passive, al miglioramento delle relazioni con i pari, promuovendo e sviluppando abilità comunicative e relazionali come la tolleranza, la comprensione, il controllo degli impulsi, la capacità di reagire alle sottomissioni.
La peer-education è un metodo di apprendimento attivo in cui i bambini divisi in piccoli gruppi, assumono diversi ruoli e hanno il compito di trasmettere l’informazione agli altri gruppi, imparando in questo modo a negoziare, gestire le relazioni, e a sviluppare autonomia e cooperazione.
Il trattamento e la “cura” del bullismo richiede un intervento individualizzato e sociale. La scuola e la famiglia hanno un ruolo fondamentale, in particolare se si notano dei comportamenti depressivi, isolamento sociale, chiusura emotiva, bassa autostima, ansia legata al contesto scolastico e scuse per evitare la frequenza, è importante osservare e monitorare maggiormente (senza essere intrusivi o iperprotettivi) il bambino, cercando di creare con lui un dialogo empatico e una comprensione situazionale.
Al contrario, se si notano comportamenti estremamente anticonformisti, ribellione eccessiva e aggressività come strumento di conquista sociale o famigliare è importante intervenire per sbloccare un ulteriore sviluppo di tali comportamenti. Osservare il bambino, il gruppo dei pari che frequenta, gli atteggiamenti dominanti messi in atto, chiedere agli insegnati il comportamento adottato a scuola, vi consentirà di avere maggiori informazioni e capire se il proprio figlio è vittima o l’artefice del bullismo.
La valutazione scolastica del bullismo
In particolare a scuole per effettuare uno screening e rilavale la presenza di bullismo di utilizza il questionario “la mia vita a scuola”, che consente di rilevare le prepotenze subite, o il questionario di Olweus che rileva la tipologia e il numero di violenze agite e subite, le relazioni con i pari e il livello di consapevolezza del problema.
Consigli per i genitori del bambino vittima di bullismo
Se si è osservato che il proprio bambino è vittima di bullismo è importante intervenire senza trasmettere ulteriore ansia o paura nel bambino. Il genitore deve dimostrarsi sicuro e diventare una figura di sostegno e di potenziamento per il proprio figlio. Aiutare il bambino a prendere consapevolezza della situazione, create con lui un rapporto empatico e di comprensione, trasmettendo fiducia o potenziando gli aspetti positivi che il bambino riconosce in se.
Aiutatelo a reagire con l’indifferenza ma anche con sicurezza alle provocazioni del bullo, educatelo a controllare le proprie emozioni (pianto/ rabbia) durante gli insulti (il bullo si diverte a provocarle, e riscontrando indifferenze tenderà a eliminare o spostare l’attenzione), potenziate il carattere attraverso gratificazioni e spostando l’attenzione sulle caratteristiche potenziali. Insegnate al proprio bambino a rispondere agli attacchi verbali o alle provocazioni mettendo in atto un comportamento che il bullo non si aspetta: dimostrando sicurezza e un atteggiamento spiritoso.
Educate il bambino a riportare agli adulti gli episodi negativi che ha subito a scuola o in altri contesti, comunicando che non è lui il “problema”, ma il suo aggressore. In questo modo sposterete la percezione d’inferiorità e del senso d’inadeguatezza psicologia da vostro figlio al suo aggressore, che gli consentirà di vedere il problema da un’altra prospettiva. Possono essere molto utili anche i corsi di autodifesa o in generale lo sport, attraverso il quale il bambino potenzierà la sua struttura fisica e psicologica e imparerà a difendersi a un eventuale bullo pericoloso.
In quest’articolo abbiamo parlato del fenomeno del bullismo, un fenomeno che spesso è sottovalutato ma che può causare serie problematiche psicologiche nel bambino vittima ma anche nel suo esecutore.
E’ importante non sottovalutare la pericolosità e se sono presenti dei sintomi di allarme nel proprio bambino, è estremamente consigliabile chiedere una consulenza a uno specialista, il quale dopo un’attenta analisi globale, potrà mettere in atto un programma per far fronte alla pericolosità del bullismo.
Diventa importante, in caso di difficoltà chiedere una consulenza a un professionista del settore
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